Barca di Ercolano

  

Tutta la città si è riversata sulla spiaggia. Sabbia nera, cielo nero: non si vede niente, eppure siamo in pieno giorno. Ogni tanto si sente un boato e la terra trema. Nessuno capisce cosa stia succedendo.
I ricchi abbaiano ordini ai loro schiavi, facendoli correre di qua e di là; per sfogare il nervosismo, immagino. Guardali lì, i notabili di Ercolano: terrorizzati come tutti i comuni mortali! I soldi non servono a molto contro una montagna infuriata, dico bene?
Molti si sono nascosti nelle rimesse delle barche insieme alle donne e ai bambini. Se ne stanno lì ammassati come pecore nell’ovile, in attesa dei soccorsi. Ma io combatto nelle legioni da troppi anni per illudermi. I soldati sono uomini in carne e ossa, mica gli eroi del mito!
Neanche Ulisse in persona riuscirebbe ad attraccare con il mare in burrasca. La vedo da qui, la flotta imperiale: si è fermata al largo della costa. Se voglio salvarmi, devo farlo da solo. Non ho moglie, figli o genitori anziani a cui pensare; ci sono solo io, un soldataccio alto due teste più dei miei concittadini! Che scherzo del destino: la mia solitudine è diventata la mia arma migliore…
Prima di uscire di casa ho indossato il cinturone con la spada e il pugnale, ho messo gli attrezzi da lavoro in una sacca e ho raccolto i miei risparmi. Sono pronto a lottare per la mia vita, come mi è stato insegnato!
Lasciamo perdere i barchini da pesca, qui ci serve qualcosa di più robusto. Ecco, questa barca andrà benissimo. Ma non posso metterla in mare da solo: servono un altro rematore e un timoniere.
“Nessuno di voi, uomini, vuole sfidare la sorte con me? Avanti! Reagite, nel nome di Roma! Nessuno verrà a salvarvi, volete mettervelo in testa?”
Ah, che vigliacchi… questa città è perduta.

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